E’ trascorso più di un anno dal giorno in cui i colori hanno assunto un significato diverso per tutti noi, da quando termini come Assembramento, Pandemia, Contagio, Lockdown sono diventati di uso comune e quasi familiare.
Un momento storico di certo da raccontare, quando tra vent’anni tra i banchi di scuola e ai nostri nipoti potremmo dire: “ mi ricordo quando, per la prima volta sentimmo parlare di Covid19…” .
Un anno da raccontare, certo, ma per molti un anno da dimenticare, un periodo in cui l’economia viene messa a dura prova, la sanità minata continuamente, la politica bersagliata da ogni fronte e di tutto questo i più giovani ne portano i segni più evidenti.
Quello che emergi da molti studi e sondaggi infatti è che i più giovani sono scoraggiati, delusi impauriti per quello che stanno vivendo, ma soprattutto per il loro futuro.
Se è vero che gli adulti perdono il lavoro, si ammalano e vivono una profonda crisi economico-sociale è altrettanto vero che le conseguenze di questo malessere vengono riversate sui più piccoli, negando loro la serenità e la spensieratezza degli anni migliori. Quante volte abbiamo pensato o sentito dire che quella del 2000 è una generazione di incoscienti, una generazione che pensa solo al prossimo aperitivo; mai nessuno di tutti coloro che stanno a guardare, ha mi visto il rovescio della medaglia, nessuno si è posto una domanda fondamentale: “ E se fossi stato io al loro posto?”. Abbiamo visto ragazzi, ma soprattutto bambini rimboccarsi le maniche e rinchiudersi in una stanza per seguire le lezioni dietro uno schermo, giovani reinventarsi per poter comunicare, stare insieme, nonostante le difficoltà.
Uno studio IPSOS per Save The Children dichiara che:
il 26% dei giovani pensa che tornerà tutto come prima, la stessa percentuale, invece che continuerà ad aver paura, il 43% degli intervistati dice che a cessato allarme nulla sarà come prima e che cambieranno molte abitudini. Il 65% inoltre sostiene di pagare in prima persona l’incapacità degli adulti, perdendo così la fiducia in coloro che li guidano verso il futuro. Il 42 % trova ingiusto che gli adulti possano lavorare e la scuola invece sia chiusa.
La DAD è ormai l’elemento di discussione principale, anche noi come associazione ci siamo adoperati e reinventati grazie al web e alle varie piattaforme che consentono le famose video call, portando avanti quelle attività che fino ad oggi nessuno avrebbe mai pensato di poter svolgere online. Ci siamo reinventati insieme ai nostri allievi, trovando un modo per tenere vivo uno spiraglio di normalità, cercando di ascoltarli e farli esprimere con tutti i mezzi a disposizione.
A oggi però ci sentiamo in linea con l’umore generale, la percentuale degli allievi che continuano le lezioni a distanza è diminuita notevolmente, e anche ragionevolmente, ci sentiamo di aggiungere. Nessuno di loro ha mai perso la voglia, l’entusiasmo, la passione, aspettiamo solo di tornare in sala, i giovani iniziano a sentire il peso di un momento che doveva essere solo di passaggio e invece sembra essere ormai una costante.
Stando all’indagine IPSOS sono 34mila gli studenti delle scuole superiori che rischia di alimentare il fenomeno dell’abbandono scolastico a causa delle prolungate assenze.
Abbiamo fatto tanto noi come associazione per cercare di stare vicino a tutti i nostri soci e a chi ne avesse più bisogno, a volte è bastata una parola di conforto a volte un gesto più importante, sappiamo quanto sia fondamentale non sentirsi soli in questo momento così difficile, e siamo certi come dal primo giorno che riusciremo ad uscirne più forti di prima e che “andrà tutto bene”.
Dal 4 Marzo 2020 alle ore 22:00, momento esatto in cui abbiamo deciso di anticipare ogni divieto e interrompere le nostre attività, ci siamo posti l’obiettivo di essere un continuo supporto per la crescita dei più piccoli e per le famiglie.
Abbiamo fatto tanto e tanto si poteva fare, tanto faremo e continueremo a crederci fino in fondo.